OPERE D’ARTE E ARREDI
GLI AFFRESCHI E LE DECORAZIONI
La navata centrale presenta quattro affreschi attribuiti a Giovanni Brighenti insigne pittore di Clusone (1784 - 1861), vennero eseguiti presumibilmente negli anni 1830 - 1835. Essi sono collocati nel seguente modo: sopra la porta principale si osserva La Natività di Maria SS., subito dopo Lo Sposalizio di Maria con S. Giuseppe, all’entrata al presbiterio l’Assunzione di Maria coll’Annunciazione sul frontone, infine l’Incoronazione e la Gloria di Maria in cielo sopra l’altare maggiore. Ai lati del presbiterio, sopra il cornicione, si vedono in due ricchi medaglioni: Ester che da Assuero implora perdono al suo popolo e la forte Giuditta in atto di troncare la testa ad Oloferne. Sopra le arcate della navata centrale sono visibili quattro medaglioni o cammei rappresentanti Maria Regina degli Angeli, Salute degli infermi, Regina degli Apostoli e dei Vergini. Tutte le arcate sono adorne di simboli biblici illustranti Maria, le sue virtù e le sue glorie. Sopra la porta maggiore all’esterno della chiesa, si può ammirare la rappresentazione miracolosa dell’apparizione. Anche questo affresco, che si presume dipinto nel 1833, è opera di Giovanni Brighenti. è molto probabile che don Olmo abbia tratto da questa raffigurazione l’ispirazione per il gruppo statuario. Alla base dell’affresco c’è una iscrizione che si richiama al salmo 131: “ADORAMIBUS IN LOCO UBI STETERUNT PEDES EIUS”, (cioè: faremo atto di adorazione là dove si posarono i suoi piedi).
IL POLITTICO DELLA VISITAZIONE
La meravigliosa composizione pittorica non finisce mai di stupire; chi la osserva per la prima volta, anche se non particolarmente esperto nel campo della pittura sacra, non potrà che lodare le scelte cromatiche e l’espressività dei personaggi. Il polittico è realizzato su tavole di legno a tre scomparti: nella parte centrale è raffigurata la visita di Maria alla cugina Elisabetta, S.Giuseppe nello scomparto di sinistra, in quello di destra S. Zaccaria, il tutto è sormontato da una lunetta in cui vi è l’Eterno Padre circondato da angioletti che, dall’alto, sembrano contemplare la scena tanto densa di mistero. Le figure hanno una altezza di 110 centimetri. La critica più recente è ormai concorde nell’assegnare il polittico a Girolamo da Santa Croce. Nato a Santa Croce di San Pellegrino fra il 1480 e il 1485, Girolamo sin dal primo ‘500 lavora a Venezia, dapprima nell’ambito delle botteghe di Gentile e Giovanni Bellini e poi in quella di Cima da Conegliano. Dal 1520 circa apre bottega in proprio, sviluppando un’intensa attività aiutato anche dal figlio Francesco. La sua pittura è caratterizzata da un vivace eclettismo che rielabora, con una certa originalità, i prestigiosi modelli offerti dalla pittura del primo Rinascimento veneziano, prevalentemente per una committenza di terraferma, specie in Istria e Dalmazia. Muore nel 1556. Si potrebbe azzardare una datazione del polittico al 1524, questo in base ad un riscontro documentario, tuttavia non del tutto probante. Nell’Originale istrumentorum del notaio Almidano Guarinoni di Gorno, contenente scritture del 1523- ’24, si legge questo appunto: “Memoria deli denari trovati in la cassa oferti per iubileo quali serano distribuiti in la fabrica del anchona”. (Biblioteca Civica di Bergamo)
LA MADONNA COL BAMBINO
Questa preziosa tavoletta del Quattrocento con fondo dorato raffigura il dolcissimo viso di Maria di Nazareth col Bambino sulle ginocchia avvolto da uno scialle bianco e rosso. Sino al 1973, prima di essere trasferita in parrocchia, veniva riposta in un armadio della sagrestia e si appendeva alla parete del presbiterio, sotto il polittico, solo nelle feste di luglio o in qualche solennità particolare. Il dipinto è stato restaurato da Franco Steffanoni nel 1971. Attualmente si trova nel museo diocesano di Bergamo con lo scopo di curarne la conservazione e per eventuali esposizioni al pubblico, è tuttavia assicurata la proprietà di questo vero gioiello di pittura al Santuario del Frassino. La prima notizia sul dipinto risale alla sua esposizione in Bergamo nel 1898. Le piccole dimensioni e il carattere decisamente devozionale motivano la mancanza di riferimenti nelle fonti antiche; una provenienza locale, anche se plausibile, non può ritenersi certa. La connotazione culturale la rende un unicum di complessa interpretazione. La Madonnina si richiama alla tradizione tardo-gotica italiana, come già rilevato dal Pinetti, che la connetteva all’ambiente toscano (1931) e dal Pagnoni (1979) che più plausibilmente ipotizza una appartenenza alla cultura veronese. Come possibile autore, sono stati chiamati in causa numerosi artisti: Pisanello, Stefano Zevio, Giambono, Bembo, Gentile da Fabriano e altri, è assai probabile, a meno di qualche sorpresa, che non sapremo mai il vero autore della tavoletta. Nel complesso, dunque, il bellissimo viso di Maria col Bambino dai riccioli d’oro sembra il prodotto di una cultura mista, lombardo-veneta.
LA PALA D’ALTARE DI DESTRA
Sull’altare di destra, dedicato a S. Giovanni Battista, vi è posta una tela raffigurante l’incoronazione di Maria e i Santi Sebastiano e Giovanni Battista. è un quadro di grande serenità espressiva, calibrato sapientemente nella composizione a diagonali incrociate e nella raffinata gamma cromatica. La tela, restaurata da Antonio Quarti nel 1984 su finanziamento dell’Amministrazione Provinciale, è attribuita ad Antonio Cifrondi, artista di Clusone vissuto dal 1656 al 1730. Sebbene questo lavoro non sia ancora compreso nel corpus dell’artista clusonese, recenti studi di specialisti quali Lanfranco Ravelli e lo stesso mons. Pagnoni ne hanno confermato la paternità cifrondiana.
LA PALA D'ALTARE DI SINISTRA
L’altare di sinistra è dedicato a S. Francesco. La tela riproduce il Santo nel momento in cui riceve le stigmate, la scena pastorale sullo sfondo rappresenta in realtà l’episodio di Caino e Abele. Ben diverso è il pregio di questo quadro, realizzato da un artista con qualità assai modeste che nella composizione si è ispirato ad un modello colto; la coerenza dell’insieme è ulteriormente compromessa dagli ampliamenti ai lati ed in alto, dove un’altra mano, ha effigiato l’Eterno Padre fra angeli musicanti. In basso a sinistra il Leone di S. Marco regge uno stemma con albero sovrastato da corona, a destra una scritta entro cornice purtroppo lacunosa nelle ultime righe: “In tempo de ms pasin de ms zuane carobi de oneta a fato far questo quadro / per sua divotione a onor di dio et de / grande padre serafico s. Fran. Dala vigna / et a onor de sui divoti la deta opera sia posta ala madona dala / frasca in oneta de di’ 30 otobrio . Mdcv inver…” Alcune famiglie di Oneta per ragioni di commercio ebbero stretti contatti con la città di Venezia, ciò è attestato già nell’estimo del 1544.
ALTRI DIPINTI
Sulla parete di sinistra sono appesi tre quadri, due di grandi dimensioni con immagini che richiamano i racconti dell’antico testamento:
• Agar nel deserto, olio su tela di scuola veneta del ‘700, autore ignoto (vedi foto).
• Il sogno di Giacobbe, di autore ignoto anch’esso di scuola veneta del ‘700 (vedi foto).
• La Vergine Immacolata, olio su tela del ‘700, autore ignoto, la tela è stata restaurata nel 1993. Sulla parete di destra:
• Davide con il capo reciso di Golia: olio su tela di modeste dimensioni opera seicentesca di autore ignoto.
• Madonna del Rosario, con i Santi Domenico e Caterina da Siena, opera settecentesca di autore ignoto.
• La Natività, olio su tela del ‘700, autore ignoto.
• Sacra Famiglia, il dipinto eseguito nel Settecento è di buon pennello, in particolare la figura di Maria è molto bella.
• Madonna col Bambino, olio su tela della fine del ‘500. Il dipinto si trova presso il museo diocesano, dedicato a Mons. Bernareggi di Bergamo, che intende curarne il restauro. Anche in questo caso come per la tavoletta del Quattrocento, rimane assicurata la proprietà al Santuario del Frassino.
LAVORI IN LEGNO E IN MARMO
• La cornice del polittico e la cantoria. La cornice che avvolge il polittico è in legno dorato e intagliato in stile rinascimentale, venne fabbricata nel 1686 dagli intagliatori Bori di Serina, mentre la doratura fu eseguita nel 1698 da Giovan Battista Agosti di Lenna. La cantoria è pure opera dei Bori di Serina. Dal libro dei maneggi del Santuario ricaviamo le seguenti informazioni: “Adì 2 luglio 1686. Avere per tanti pagati alli sig. Bori di Serina in trei volti a conto dell’ancona maggiore e palco degli organi L. 141” - “25 luglio 1698. Per contati al sig. G. Battista Agosti per avere indorato l’ancona maggiore, cioè a conto L. 148”
• Il coro ligneo e gli armadi della sagrestia. Le sedie del coro in noce del 1709 e un bel mobile con intarsi floreali della sagrestia datato 1710, furono eseguiti da Giacomo Morzenti di Vertova, un altro armadio sempre in noce venne fabbricato nel 1736 da Bonomo Morzenti, probabilmente figlio di Giacomo. Dal libro dei maneggi del Santuario: “1709. Avere per tanti pagati a maestro Giacomo Morzenti a conto delli sedi fatti nel coro della chiesa predetta sono L. 59,10” – “1736, 20 novembre, pagati al sig. BonomiMorzenti marengone di Vertova per giornate a fare i vesteri (armadi) nella sacristia del Frassino L. 127”. Il coro ligneo venne rimesso in ordine una prima volta nel 1880, un radicale intervento di restauro è stato affrontato nel 1988.
• Gli angeli adoranti. L’altare maggiore è tutto in marmo e reca ai lati due splendidi angeli adoranti scolpiti da Grazioso Fantoni di Rovetta nel 1760. Don Olmo ebbe modo di leggere la ricevuta: “A dì 11 settembre 1760. Rovetta. Attesto io sottoscritto di aver ricevuto da Gio. q. Giuseppe Epis Caneparo della B. V. del Frassino, Comun de Oneta, lire seicento cinquantatré per saldo dei due angeli in marmo ed altre fatture fatte nell’altar maggiore di detta chiesa. L. 653. Io Grazioso Fantoni”. (Grazioso Fantoni visse dal 1713 al 1798). Anche l’altare maggiore è un’opera dei Fontoni di Rovetta. Venne restaurato nel 1853, data che compare nella parte posteriore, in alto, sopra la nicchia delle reliquie.
• Le balaustre del presbiterio in ferro. Una inferriata in ferro battuto con dorature è posta in funzione di balaustra del presbiterio. Si possono leggere delle iniziali e una data: E.R.F. 1718. Il ferro è stato lavorato con maestria da artigiani di Cassano, sappiamo che l’opera venne offerta dal romito del Santuario, probabilmente Giovanni Borella di Chignolo, che in quegli anni era il custode “Heremita” del Santuario.
• L’ambone restaurato. Dal 2006 una testa di leone appare prepotente nella sua espressione, a sostegno del leggio (ambone). La scultura lignea sorreggeva un tempo il pulpito, realizzato attorno al 1650, che stava appoggiato alla colonna di sinistra accanto alla cappella dell’Apparizione.
IL CONCERTO DELLE CAMPANE
Sul campanile del Santuario c’erano tre piccole campane, la prima delle quali era stata fusa da Marino Fanzago di Clusone nell’anno 1628, le altre due minori in due differenti epoche e da diversi fonditori, fatto questo che procurò la discordanza del concerto. Nel 1903 venne collocato un nuovo gruppo sonoro di cinque campane con tonalità “la bemolle”. Qualche anno dopo, il 29 luglio 1907, il vescovo Mons. Giacomo dei Conti Radini Tedeschi, in occasione della sua visita pastorale, accompagnato dal clero e da quasi tutta la popolazione, si recò sul colle del Frassino a visitare il Santuario ed a consacrare solennemente il nuovo concerto di campane. A seguito del rifacimento dell’impianto elettrico della Chiesa, nel 2005 il castello di sostegno del gruppo sonoro è stato interamente sostituito da un meccanismo gestito da un programma elettronico che regola il movimento di ciascuna campana per i richiami liturgici e il battito delle ore.
LA LAMPADA VOTIVA
Nel 1910 alcuni nostri emigranti che si erano recati l’anno prima in Australia in cerca di miglior fortuna, mandarono 12 sterline (300 lire italiane) al parroco don Canova, con lo scopo di acquistare una lampada votiva da appendersi davanti alla statua della Madonna. Con la generosa offerta venne dato incarico al cesellatore Giovanni Corti di Bergamo di realizzare una lampada in rame in stile barocco, argentata, portante tre bracciuoli con sei lampadine minori all’intorno. Ancora oggi la bella lampada è appesa nel centro della navata maggiore sopra il sacello dell’Apparizione.
IL RESTAURO DEL SANTUARIO
Quando il primo di ottobre 1911 giunse da Roma il tanto sospirato decreto a favore dell’Incoronazione della venerata statua della Madonna del Frassino, gli onetesi con il parroco don Canova si premurarono di disporre quanto era necessario alla degna celebrazione della straordinaria festa. Venne affidato il difficile compito di restauro e la totale decorazione al giovane pittore Battista Poloni di Martinengo. Occorsero meno di due anni al giovane artista per concludere la sua fatica, con il risultato che oggi possiamo ammirare il nostro Santuario in una splendida veste. Anche il pavimento venne totalmente rifatto dalla ditta Ghilardi di Bergamo, con mattonelle a intarsio in sintonia con la decorazione.
LA CORONA DELLA MADONNA
Per l’esecuzione della corona si diede incarico al cesellatore Giovanni Corti di Bergamo, che già aveva realizzato la bella lampada votiva. Il fine e paziente lavoro dell’artista si concretizzò con una corona in oro fino, ornata di gemme e pietre preziose. Il peso complessivo era di 352 grammi mentre il costo fu di 1.720 lire dell’epoca. A sostegno della spesa vennero in aiuto con vistose offerte le parrocchie di Serina, Oltre il Colle, Zambla e Zorzone con 525 lire, come pure le parrocchie di Cantoni d’Oneta, Bondo, Ama e Vilmaggiore, concorrendo con l’offerta complessiva di 100 lire.